ALBUM FOTOGRAFICO

CICLO PRODUTTIVO
Nel ciclo produttivo si possono individuare 5 fasi:


PROCESSO BIOLOGICO
BILANCIO CO2
 
approvvigionamento
delle biomasse
digestione anaerobica
stoccaggio e trattamento
del biogas
produzione dell’energia elettrica
utilizzo biodigestato

 

 

APPROVVIGIONAMENTO DELLE BIOMASSE
L’alimentazione dell’impianto richiede circa 30.000 tonnellate all’anno di biomassa vegetale, per un volume di circa 40.000 metri cubi: una produzione che richiede la coltivazione di circa 430 ettari di terreno.
Trattandosi di produzione no food, non sono necessari gli interventi antiparassitari richiesti per produzioni destinate al consumo umano, e ciò porta a un minore impatto sull’ambiente. Questa impostazione produttiva costituisce una forte motivazione per l’imprenditore agricolo, il quale ha la convenienza a non sostenere costi inutili.
L’intera produzione agricola deve essere raccolta in un arco temporale di 20/25 giorni e immagazzinata con un’azione di pressatura per ridurre al minimo la presenza di ossigeno che favorirebbe l’avvio della fermentazione al di fuori del biodigestori. Invero, l’ampia gamma di insilati cerealicoli impiegabili consentirà di disarticolare il momento della raccolta e stoccaggio rispetto a quanto testé dichiarato, in quanto a tipologie diverse di produzione corrispondono differenti periodi di raccolto.
Quotidianamente devono essere introdotte nell’alimentatore circa 80 tonnellate di insilato di mais.
Oltre ai prodotti cerealicoli appositamente coltivati possono comporre la matrice in ingresso i residui vegetali delle lavorazioni agroalimentari e le eccedenze delle produzioni agricole.
Possono inoltre contribuire a comporre la matrice in ingresso i sottoprodotti delle lavorazioni casearie.
Date le tradizionali caratteristiche dell’economia emiliana - della quale ancora costituiscono elementi fondamentali l’agricoltura e l’industria di trasformazione alimentare – un impianto come questo rappresenta un’ottima soluzione di riutilizzo dei residui vegetali, fornendo una risposta ecologicamente avanzata e al tempo stesso a costi competitivi.

E' stato installato anche un serbatoio per prodotti liquidi con necessità di riscaldamento (olii e grassi), un silo per cereali con relativo mulino a martelli per la riduzione della pezzatura, sempre attrezzati con celle di carico e sistema automatico di alimentazione.
Tutti i parametri di funzionamento (tempi di funzionamento delle varie utenze, quantità di prodotti caricati, qualità e quantità del biogas prodotto, quantità di energia prodotta ed utoconsumata...) sono registrati da un software supervisore che consente di costruire un archivio storico dettagliato su base oraria, giornaliera o mensile.

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PROCESSO DI DIGESTIONE ANAEROBICA
Una volta introdotta nel biodigestore, la biomassa inizia la digestione anaerobica, stazionando nell’impianto per un periodo della durata media di 62 giorni.
L’impianto funziona in continuo per 24 ore al giorno per tutto l’anno, raggiungendo una produzione complessiva di biogas di circa 5.500.000 metri cubi l’anno.

Il processo di produzione di biogas mediante digestori anaerobici è un processo di conversione di tipo biologico che avviene in assenza di ossigeno e consiste nella demolizione, ad opera di micro-organismi, di sostanze organiche complesse (lipidi, protidi, glucidi) contenute nei vegetali.
La produzione di energia elettrica dalla fermentazione di biomasse è pertanto un processo assolutamente naturale e quanto mai semplice.
Introdotto in un apposito biodigestore, la biomassa attiva, senza necessità di alcuna operazione additiva, un fenomeno spontaneo di digestione anaerobica che dà luogo a un biogas composto per il 50% da metano; è quest’ultimo che – liberato delle impurità - costituisce il carburante per dei normali cogeneratori che producono elettricità e calore.
Si sottolinea che non è necessaria alcuna operazione per stimolare la digestione anaerobica: non è prevista la combustione; e nemmeno è necessario generare artificialmente pressioni di alcun genere.
Di fatto, si può immaginare il biodigestore come una enorme mucca, alla quale occorre dare da mangiare in modo appropriato affinché produca efficientemente il biogas. Questo testimonia inequivocabilmente della naturalità e della assoluta sicurezza del processo produttivo, il quale non necessita di particolari e pericolose lavorazioni. Il processo di fermentazione è determinato da batteri mesofili, i quali appunto digerendo la biomassa attraverso un processo anaerobico producono il biogas.

Dovendo avvenire in assenza di aria, il processo biologico è assolutamente privo di odori.
L’impianto produce circa 700 metri cubi di biogas l’ora, una quantità sufficiente ad alimentare un cogeneratore con potenza elettrica nominale di 1.416 kW, cui si aggiungono 849 kW termici.


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STOCCAGGIO E TRATTAMENTO DEL BIOGAS
Il biogas viene stoccato in appositi gasometri e in seguito raffinato dalle impurità con un sistema di desolforizzazione e raffreddamento. In questo modo arriva al cogeneratore un metano molto pulito.

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PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA
Il biogas prodotto da entrambi i digestori viene convogliato dapprima ad una torre di lavaggio per
la desolforazione biologica, quindi ad un sistema di deumidificazione per raffreddamento.
Il biogas, così raffinato, viene convertito in energia elettrica per mezzo di due cogeneratori di potenza nominale pari a 1416 kWe.
Allo stato attuale, uno dei due cogeneratori funge da riserva, ed interviene in caso di guasto o manutenzione del primo, al fine di massimizzare le ore di produzione annuali.
E' presente una cabina di trasformazione in media tensione (15 kV) per una potenza massima di 2
MWe.
Oltre alla produzione di 11.738.000 kWh di elettricità saranno generati 8.000.000 di kWh termici.
Tenendo conto che ogni cittadino consuma – nel nostro contesto economico e sociale – poco più di 2.800 kWh l’anno, significa soddisfare le esigenze di 3.900 abitanti.

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BILANCIO CO2
Le formule ufficiali considerano che una Tonnellata Equivalente di Petrolio (TEP) produca 10.000 kWh. Ne deriva che l’impianto in progetto porterà ad un risparmio di 1.100 TEP l’anno.
Per calcolare correttamente il contributo che l’impianto in progetto porta al bilancio ambientale, occorre partire dalla consapevolezza che il biogas utilizzato per la produzione di energia elettrica emette in atmosfera una quantità di anidride carbonica (CO2) sicuramente inferiore a quella assorbita dalle piante durante la crescita. Vi è dunque – ed è dimostrato -una precipitazione del carbonio durante il processo digestivo; carbonio che resta imprigionato nell’ammendante successivamente ricollocato in campo. Invero, poiché la percentuale di carbonio trattenuto non è precisamente quantificata, si preferisce qui evitarne la considerazione.
Dunque, con l’impiego del biogas per la produzione di energia elettrica non si toglie e non si aggiunge nulla al CO2 presente in atmosfera. Per questo si può parlare di neutralità, di invarianza del bilancio ambientale.
L’effettivo e concreto contributo positivo al bilancio ambientale deriva piuttosto dal così detto costo evitato, vale a dire dal fatto che la generazione con l’impianto in progetto consente di evitare che tale energia debba essere prodotta con un impianto tradizionale, a combustibili fossili.
Infatti, una centrale a metano comporta l’emissione in atmosfera di CO2 aggiuntivo, prima non presente in atmosfera, di 605 grammi per ogni chilowattora prodotto. Ciò significa, con riferimento all’impianto in progetto, un risparmio sul bilancio ambientale di 6.600 tonnellate l’anno di CO2. Prevedendo una durata dell’impianto di almeno 20 anni, si tratta di un risparmio di anidride carbonica in atmosfera pari a 132.000 tonnellate.
Se invece della centrale a metano si prende a riferimento una centrale a petrolio, i risparmi di CO2 indicati sopra si elevano a 9.300 tonnellate l’anno e a 186.000 tonnellate per l’intero periodo considerato di 20 anni; con riferimento a una centrale alimentata a carbone i medesimi numeri diventano 11.700 tonnellate l’anno e 234.000 tonnellate in 20 anni.
Le ragioni appena illustrate sono a fondamento dell’indirizzo strategico che vede nell’impiego delle biomasse vegetali uno dei più efficienti sistemi per ridurre le emissioni di gas serra, in attuazione degli accordi di Kyoto

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UTILIZZO DEL BIODIGESTATO
Ultimato il processo di digestione, la biomassa si presenta come una materia semiliquida, inodore, con una presenza di elemento solido pari a circa il 12%. Con un’apposita apparecchiatura meccanica si provvederà a separare la frazione solida, la quale costituisce un ottimo ammendante in quanto al termine del processo di fermentazione si conservano integri i principali elementi nutritivi (azoto, fosforo e potassio) già presenti nella materia prima favorendo con ciò la mineralizzazione dell’azoto organico, direttamente utilizzabile dalle piante.
Una parte della frazione liquida viene reimmessa nei biodigestori per stabilizzare la densità e la temperatura della biomassa ancora in digestione.
La vasca di stoccaggio della frazione chiarificata ha un volume utile di circa 6.000 m3. L'azienda è attrezzata con mezzi per il trasporto e la distribuzione degli effluenti nei terreni agricoli presenti nelle immediate vicinanze dell'impianto. (TERRAGATOR)
La zona in cui è stato costruito l'impianto non ha particolari problemi connessi a surplus di azoto.
Il comprensorio agricolo adiacente, infatti, ha una particolare vocazione per i cereali e per la produzione
di colture industriali (patate, cipolle). Il digestato chiarificato e la frazione solida separata trovano,
quindi, ampio margine di collocazione nei terreni del comprensorio e sono particolarmente ricercati
dai cerealicoltori per le loro qualità agronomiche.

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