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APPROVVIGIONAMENTO
DELLE BIOMASSE
L’alimentazione
dell’impianto richiede circa 30.000 tonnellate all’anno di
biomassa vegetale, per un volume di circa 40.000 metri cubi: una produzione
che richiede la coltivazione di circa 430 ettari di terreno.
Trattandosi di produzione no food, non sono necessari gli interventi
antiparassitari richiesti per produzioni destinate al consumo umano,
e ciò porta a un minore impatto sull’ambiente. Questa impostazione
produttiva costituisce una forte motivazione per l’imprenditore
agricolo, il quale ha la convenienza a non sostenere costi inutili.
L’intera produzione agricola deve essere raccolta in un arco temporale
di 20/25 giorni e immagazzinata con un’azione di pressatura per
ridurre al minimo la presenza di ossigeno che favorirebbe l’avvio
della fermentazione al di fuori del biodigestori. Invero, l’ampia
gamma di insilati cerealicoli impiegabili consentirà di disarticolare
il momento della raccolta e stoccaggio rispetto a quanto testé dichiarato,
in quanto a tipologie diverse di produzione corrispondono differenti
periodi di raccolto.
Quotidianamente devono essere introdotte nell’alimentatore circa
80 tonnellate di insilato di mais.
Oltre ai prodotti cerealicoli
appositamente coltivati possono comporre la matrice in ingresso i residui
vegetali
delle lavorazioni agroalimentari e le eccedenze delle produzioni agricole.
Possono inoltre contribuire a comporre la matrice in ingresso i sottoprodotti
delle lavorazioni casearie.
Date le tradizionali caratteristiche dell’economia emiliana - della
quale ancora costituiscono elementi fondamentali l’agricoltura
e l’industria di trasformazione alimentare – un impianto
come questo rappresenta un’ottima soluzione
di riutilizzo dei residui vegetali, fornendo una risposta ecologicamente
avanzata e al tempo stesso a costi competitivi.
E' stato installato anche un serbatoio per prodotti liquidi con necessità di
riscaldamento (olii e grassi), un silo per cereali con relativo mulino a martelli
per la riduzione della pezzatura, sempre attrezzati con celle di carico e sistema
automatico di alimentazione.
Tutti i parametri di funzionamento (tempi di funzionamento delle varie utenze,
quantità di prodotti caricati, qualità e quantità del biogas
prodotto, quantità di energia prodotta ed utoconsumata...) sono registrati
da un software supervisore che consente di costruire un archivio storico dettagliato
su base oraria, giornaliera
o mensile.
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PROCESSO
DI DIGESTIONE ANAEROBICA
Una
volta introdotta nel biodigestore, la biomassa inizia la digestione anaerobica,
stazionando nell’impianto per un periodo della durata media di
62 giorni.
L’impianto funziona in continuo per 24 ore al giorno per
tutto l’anno, raggiungendo una produzione complessiva di biogas di
circa 5.500.000 metri cubi l’anno.
Il
processo di produzione di biogas mediante digestori anaerobici è un
processo di conversione di tipo biologico che avviene in assenza di ossigeno
e consiste nella demolizione, ad opera di micro-organismi, di sostanze
organiche complesse (lipidi, protidi, glucidi) contenute nei vegetali.
La produzione di energia elettrica dalla fermentazione di biomasse è pertanto
un processo assolutamente naturale e quanto mai semplice.
Introdotto in un apposito biodigestore, la biomassa attiva, senza necessità di
alcuna operazione additiva, un fenomeno spontaneo di digestione anaerobica che
dà luogo a un biogas composto per il 50% da metano; è quest’ultimo
che – liberato delle impurità - costituisce il carburante per dei
normali cogeneratori che producono elettricità e calore.
Si sottolinea che non è necessaria alcuna operazione per stimolare la
digestione anaerobica: non è prevista la combustione; e nemmeno è necessario
generare artificialmente pressioni di alcun genere.
Di fatto, si può immaginare il biodigestore come una enorme mucca, alla
quale occorre dare da mangiare in modo appropriato affinché produca efficientemente
il biogas. Questo testimonia inequivocabilmente della naturalità e della
assoluta sicurezza del processo produttivo, il quale non necessita di particolari
e pericolose lavorazioni. Il processo di fermentazione è determinato
da batteri mesofili, i quali appunto digerendo la biomassa attraverso un processo
anaerobico producono il biogas.
Dovendo avvenire
in assenza di aria, il processo biologico è assolutamente privo
di odori.
L’impianto
produce circa 700 metri cubi di biogas l’ora, una quantità sufficiente
ad alimentare un cogeneratore con potenza elettrica nominale di 1.416
kW, cui si aggiungono 849 kW termici.
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STOCCAGGIO
E TRATTAMENTO DEL BIOGAS
Il
biogas viene stoccato in appositi gasometri e in seguito raffinato dalle
impurità con
un sistema di desolforizzazione e raffreddamento. In questo modo arriva
al cogeneratore un metano molto pulito.
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PRODUZIONE
DI ENERGIA ELETTRICA
Il
biogas prodotto da entrambi i digestori viene convogliato
dapprima ad una
torre di lavaggio per
la desolforazione biologica, quindi ad un sistema di deumidificazione per raffreddamento.
Il biogas,
così raffinato, viene convertito in energia elettrica per mezzo di due
cogeneratori di potenza nominale
pari a 1416 kWe.
Allo stato attuale, uno dei due cogeneratori funge da riserva,
ed interviene in
caso di guasto o manutenzione del primo, al fine di massimizzare le ore di produzione
annuali.
E' presente una cabina di trasformazione in media tensione (15 kV) per una potenza
massima di 2
MWe.
Oltre
alla produzione di 11.738.000 kWh di elettricità saranno
generati 8.000.000 di kWh termici.
Tenendo
conto che ogni cittadino consuma – nel nostro contesto
economico e sociale – poco più di 2.800 kWh l’anno,
significa soddisfare le esigenze di 3.900 abitanti.
TOP BILANCIO
CO2
Le
formule ufficiali considerano che una Tonnellata Equivalente
di Petrolio (TEP) produca 10.000 kWh. Ne deriva che l’impianto
in progetto porterà ad un risparmio di 1.100 TEP l’anno.
Per
calcolare correttamente il contributo che l’impianto
in progetto porta al bilancio ambientale, occorre partire dalla
consapevolezza che il biogas utilizzato per la produzione di
energia elettrica emette in atmosfera una quantità di
anidride carbonica (CO2) sicuramente inferiore a quella assorbita
dalle piante durante la crescita. Vi è dunque – ed è dimostrato
-una precipitazione del carbonio durante il processo digestivo;
carbonio che resta imprigionato nell’ammendante successivamente
ricollocato in campo. Invero, poiché la percentuale
di carbonio trattenuto non è precisamente quantificata,
si preferisce qui evitarne la considerazione.
Dunque,
con l’impiego del biogas per la produzione di energia
elettrica non si toglie e non si aggiunge nulla al CO2 presente
in atmosfera. Per questo si può parlare di neutralità,
di invarianza del bilancio ambientale.
L’effettivo
e concreto contributo positivo al bilancio ambientale deriva
piuttosto dal così detto costo evitato, vale a dire
dal fatto che la generazione con l’impianto in
progetto consente di evitare che tale energia debba essere
prodotta
con un impianto tradizionale, a combustibili fossili.
Infatti,
una centrale a metano comporta l’emissione in atmosfera
di CO2 aggiuntivo, prima non presente in atmosfera, di 605
grammi per ogni chilowattora prodotto. Ciò significa,
con riferimento all’impianto in progetto, un risparmio
sul bilancio ambientale di 6.600 tonnellate l’anno di
CO2. Prevedendo una durata dell’impianto di almeno
20 anni, si tratta di un risparmio di anidride carbonica
in atmosfera
pari a 132.000 tonnellate.
Se
invece della centrale a metano si prende a riferimento
una centrale a petrolio, i risparmi di CO2 indicati sopra si
elevano a 9.300 tonnellate l’anno e a 186.000 tonnellate per
l’intero periodo considerato di 20 anni; con riferimento
a una centrale alimentata a carbone i medesimi numeri diventano
11.700 tonnellate l’anno e 234.000 tonnellate in
20 anni.
Le
ragioni appena illustrate sono a fondamento dell’indirizzo
strategico che vede nell’impiego delle biomasse vegetali
uno dei più efficienti sistemi per ridurre le
emissioni di gas serra, in attuazione degli accordi di
Kyoto
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UTILIZZO
DEL BIODIGESTATO
Ultimato
il processo di digestione, la biomassa si presenta come una materia semiliquida,
inodore, con una presenza di elemento solido pari a circa il 12%. Con
un’apposita
apparecchiatura meccanica si provvederà a separare la frazione solida,
la quale costituisce un ottimo ammendante in quanto al termine del processo
di fermentazione si conservano integri i principali elementi nutritivi
(azoto, fosforo e potassio) già presenti nella materia prima favorendo
con ciò la mineralizzazione dell’azoto organico, direttamente
utilizzabile dalle piante.
Una
parte della frazione liquida viene reimmessa nei biodigestori per stabilizzare
la densità e la temperatura della biomassa ancora in digestione.
La vasca di stoccaggio della
frazione chiarificata
ha un volume utile di circa 6.000 m3. L'azienda è attrezzata con mezzi
per il trasporto e la distribuzione
degli effluenti nei terreni agricoli presenti nelle immediate vicinanze dell'impianto. (TERRAGATOR)
La zona in cui è stato costruito l'impianto non ha particolari problemi
connessi a surplus di azoto.
Il comprensorio agricolo adiacente, infatti, ha una particolare vocazione per
i
cereali e per la produzione
di colture industriali (patate, cipolle). Il digestato chiarificato e la frazione
solida separata trovano,
quindi, ampio margine di collocazione nei terreni del comprensorio e sono particolarmente
ricercati
dai cerealicoltori per le loro qualità agronomiche.
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